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Attualità martedì 11 aprile 2017 ore 10:11

In Palazzo Vecchio ora si dice 'sindaca'

Approvata la modifica dello statuto comunale di 'Firenze riparte a sinistra' che introduce il linguaggio di genere nella pubblica amministrazione



FIRENZE — La deliberazione di modifica dello Statuto proposta dal Gruppo consiliare di 'Firenze riparte a sinistra' è stata approvata con 27 voti a favore, quelli di FRS, PD, MDP, La Scaletti - Firenze Viva, Cinque Stelle, Misto e i due contrari di Forza Italia. 

In sostanza, l'atto introduce il linguaggio di genere in ogni nuovo regolamento comunale oltre all'adeguamento degli altri al momento in cui si introduca qualunque modifica. “Questa delibera – ha detto la consigliera di Firenze riparte a sinistra Donella Verdi – ha l’intento di dare seguito, come già fatto in fase di riscrittura del Regolamento del Consiglio comunale, al prezioso lavoro sulla parità di genere fatto nella precedente consiliatura per volontà del Comitato e Commissione per le Pari Opportunità".

Un lavoro che ha portato all’adozione delle “Linee Guida per l’uso del genere nel linguaggio amministrativo”, anche grazie alla collaborazione dell’Accademia della Crusca. Si tratta, ha spiegato il Comune in una nota, del primo progetto di questo genere in Italia e offre un concreto punto di riferimento per l’adeguamento del linguaggio di genere nei testi dell’amministrazione pubblica. L'obiettivo è quello di adottare un linguaggio non discriminante che valorizzi la presenza e il riconoscimento delle donne. 

Nonostante tutto questo lavoro, spiega in una nota il Comune, "sono ancora forti le resistenze ad adattare il linguaggio alla nuova realtà sociale e si continua a definire le donne grammaticalmente al maschile: una donna può essere “incinta” ma resta sempre “ministro”. Si dice che ci sono argomenti più importanti per cui le donne dovrebbero battersi o c’è chi lamenta la bruttezza delle declinazioni. Eppure maestra, infermiera, cuoca, modella, lavandaia, commessa, segretaria non suscitano stupore, ma son certa che creerebbe molto stupore dire “sindaca” o “ministra” rivolgendosi a un uomo. E quindi si tratta non di una ragione linguistica, ma una ragione di tipo culturale".


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